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MICHAEL LEON CARR   di Sirio Ouzmann   |   Pubblicato il 10/01/2023
M. (Michael) L. (Leon) Carr

Non so se può esser considerato leggenda o grande del passato. Per me lo è, anzitutto affettivamente. Certo, in una storia clamorosa come quella dei Celtics, altri stanno tanti gradini più in alto, con qualità ben maggiori. A mio parere però lui, pur con minori mezzi, nel firmamento Celtics s’è aggiudicato un angolino di tutto rispetto, nello stile “Anche la classe operaia va in paradiso”.
 
Neppur lontanamente è paragonabile a Bird, né a McHale, né a Parish, neppure a Cedric Maxwell, Dennis Johnson o Danny Ainge, parlando dei suoi compagni di squadra. Però le case non sono fatte solo di finestre, scalinate e terrazze, ma anche e soprattutto di muri e pilastri, certamente meno belli da ammirare eppur straordinariamente efficaci, quasi indispensabili.
 
Nato il 9 gennaio 1951 a Wallace in North Carolina, Marcus (guarda caso come Smart) Leon (e di fatto leone è stato), più semplicemente M.L., gioca al college a Guilford con cui nel 1973 vince il NAIA. Draftato sia in ABA dai Kentucky Colonels di Artis Gilmore che in NBA dai Kansas City Kings di Nate Archibald, tenta l’esperienza europea in Europa con i Sabras in Israele. Poi nel 1975 sceglie l’ABA degli Spirits of St. Louis (città di Tatum) prima di passare nel 1976 in NBA ai Pistons con cui nel 1979 diviene leader NBA per palle rubate e inserito nel secondo quintetto difensivo. Proprio nel 1979 come free agent sbarca a Boston dove giocherà sino al 1985 vincendo gli anelli del 1981 e del 1984. Dal 1995 al 1997 dei Celtics sarà poi allenatore. Nel 1997 credo sia stato anche general manager. Questo però è un periodo che conosco meno.
 
Forse il motivo per cui è più celebre è fuori del rettangolo di gioco. E’ legato allo sventolìo dell’asciugamano che nei momenti topici faceva inconfondibilmente roteare sopra la testa riempiendo d’entusiasmo compagni e pubblico. E’ stato - forse è ancora - suo marchio di fabbrica. Potrebbe anch’esso ambire a diventare simbolo patrimonio dell’NBA.
 
Poi ci sono azioni che recano il crisma del mito. Il 9 novembre 1984 a Boston sbarcano i Sixers di Doctor J, Moses Malone, Maurice Cheeks, Barkley e Bobby Jones. Nella partita un giocatore dei Sixers, credo Sedale Threatt, non propriamente uno lento, se ne va in campo aperto in contropiede verso il canestro dei Celtics. Tutti sono presi "in contropiede": nelle partite a volte capita. Laddove pressoché chiunque si sarebbe rialzato, M.L. gli parte dietro di circa 10 metri, continua imperterrito ad inseguire e proprio a ridosso del canestro lo raggiunge e gli rifila una clamorosa quanto memorabile stoppata. Boston vincerà 130 a 119, grazie anche a 42 monumentali punti di Larry Bird e alla ben nota battaglia con Doctor J. Non me lo ricordo ma forse è nella stessa partita che con non poco coraggio M.L. esibisce i pugni nientemeno che a Moses Malone.
 
Infine la perla. 6 giugno 1984, gara 4 delle Finals, neppur a dirlo contro i Lakers. Al Forum, davanti a Jack Nicholson e Elliot Gould, con i Lakers in vantaggio nella serie 2 a 1, a 10 secondi dalla fine dell’overtime sul punteggio di 127 a 124 a nostro favore, Michael Cooper deve rimettere il caldissimo pallone in gioco da metà campo per uno schema che deve portare ad un tiro da tre punti e a giocarsi ulteriori chances. Invece con una incredibile difesa d’anticipo M.L. intercetta il pallone destinato a James Worthy e s’invola verso il canestro dei Lakers chiudendo il gioco con una mortifera schiacciata. Con la consapevolezza d’aver portato a termine l’azione della partita, alza i pugni al cielo. Ma, sapendo che mai bisogna dar per vinti gli avversari, si lancia in una corsa forsennata per tornar subito in difesa. E a spegnere ancor più le speranze losangeline, a tre secondi dalla fine spende ancora un fallo su Bob McAdoo spedendolo in lunetta: ne segnerà solo uno, finisce 129 a 125. Mentre, dopo quei 10 secondi di gloria di M.L. Carr, in campo è la baraonda, solo allora K.C. Jones si lascia andare ad un sorriso. Certo, ricordiamo bene come la serie andò a finire …
 
Anche fuori dal campo M.L. s'è distinto appoggiando progetti a favore dei giovani e contro la droga, contro le discriminazioni, contro il razzismo, contro il sessismo, contro l’alzheimer e ricevendo per questo numerosi consensi e riconoscimenti.
 
Altri ricorderanno M.L. Carr ben più e meglio di me, magari unendo alle parole le rispettive immagini. A me pareva che in una vetrina per appassionati come questa il suo profilo da trascinatore e combattente avesse in qualche modo ragione di rientrare. Diciamo che mi sono preso il piacere di scodellare il pallone.
MICHAEL LEON CARR   di Sirio Ouzmann   |   Pubblicato il 10/01/2023
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