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Quattro chiacchiere con...  »  Intervista doppia Zio Trifoglio/MarcUs


Intervista doppia Zio Trifoglio/MarcUs   di Zio Trifoglio e MarcUs   |   Pubblicato il 07/12/2021

Questa doppia intervista prevede 13 domande e 13 risposte nel senso che ognuno dei due  ha proposto 6 domande ed entrambi abbiamo risposto a tutte le domande; la domanda  13 ce l’ha fatta una guest star (Luca GioiaCeltics).

Unica avvertenza ai volenterosi lettori. Ognuno dei due ha risposto autonomamente e ci siamo scambiati le risposte quando entrambi le avevamo completate, quindi le risposte pressoché coincidenti sono solo piacevoli coincidenze.

Buona lettura.

D1. Zio: Domanda obbligatoria. Racconta in breve di te.

R1 MarcUs: Mi chiamo Pierluigi Gorgoni. Due figli, il più grande di nove anni e la piccola di tre. Tifoso dei Celtics. Appassionato di basket universitario. Da ragazzo ero tifoso anche della Virtus Bologna, una passione e un interesse che si sono molto attenuati negli ultimi 20 anni a partire dalla seconda Eurolegue vinta in casa. Strano che un tifoso smetta di esserlo dopo un trionfo ma mi è successo. Di tutte le altre passioni (cultura, lettura, enogastronomia, viaggio, scrittura e racconto) ne ho fatto sostanzialmente la mia professione.

R1 Zio: Zio perchè è il mio soprannome fin dal liceo (niente a che vedere col calcio, solo ho avuto uno sviluppo molto precoce e sembravo più vecchio dei miei coetanei), Trifoglio... beh, chettelodicaffare. All'anagrafe mi chiamo Paolo Bertani, sono alla soglia dei 50, ho un figlio di 17 anni e faccio l'imprenditore nel mondo della meccanica, attività che ormai mi assorbe voracemente. Nel tempo che resta seguo i Celtics, ascolto molta musica (soprattutto Jazz ed elettronica), adoro andare alle mostre specie di arte moderna ed ho una gran passione per il mondo del cibo e del vino: in particolare ho sviluppato una piccola monomania per lo Champagne, ormai lo sanno anche i sassi.
 
D2. Attualità Celtics. qual è il giocatore del roster attuale che può far fare il salto di qualità alla squadra ed alla stagione e qual è il giocatore di cui vorresti disfarti?

R2 MarcUs: Ho un’idea molto radicata del concetto di squadra. Più che di singoli. Non credo ci sia nessuno nel nostro roster capace di farci diventare vincenti elevando il suo gioco ma sono convinto che se cinque o sei saranno capaci di farlo, già quest’anno potremmo arrivare in fondo. Un giocatore che trovavo totalmente inutile e molte volte irritante era Carsen Edwards. Lui è andato. Grant Williams non era nelle mie simpatie fin dalla chiamata alla 22 del draft 2019 ma in campo nelle prime 20 partite di questo anno sta dando tanto (almeno per le sue possibilità). Ha dei limiti oggettivi ma almeno sul fronte della concentrazione inizia a dare segnali importanti. Di sicuro è un ragazzo che si fa sentire negli spogliatoi e ha una dialettica spigliata davanti ai microfoni.  Contro i San Antonio Spurs, nella inopinata sconfitta subita alla partita numero 20, lo affrontava Keldon Johnson che in questo momento è già un giocatore capace di decidere il destino di una partita ed è stato scelto alla 29 dello stesso draft… pensieri miei …ma la responsabilità della chiamata non è di Grant … Poi, per come funziona la NBA ci si disfa di uno per scambiarlo con qualcun altro. Quindi, potrei anche risponderti che mi disferei di chiunque se ne avessi indietro il giusto cambio.
Ad alcuni giocatori però sono davvero affezionato, innanzitutto Smart, poi Tatum e Brown, ovviamente, ma anche Williams III, Langford e Nesmith vorrei che fossero l’ossatura di una squadra dei Celtics di nuovo vincente.

R2 Zio: Sarò banale, ma col roster attuale siamo nelle mani di Tatum e se lui non fa lo step decisivo restiamo una squadra senza prospettive.
Vorrei disfarmi di Shroeder, ma non solo o non tanto per ragioni di poco amore per le sue caratteristiche, soprattutto per monetizzarne il rendimento e non perderlo a zero.

D3. Sei Coach dei Celtics per un giorno: come faresti giocare la squadra?

R3 MarcUs: Lo scrivo sul forum sin dalla Summer League: Udoka mi piace. Mi piace come vive la partita. Mi piace come affronta i media. Mi piace per quello che sta cercando di mettere in campo, in una parola: orchestrazione. Non ho usato il termine organizzazione perché tutti hanno un’organizzazione. Ma Udoka sta cercando di farci giocare di squadra, con una intercambiabilità difensiva molto dinamica che soprattutto con Smart e Williams III in campo ha dato segnali già convincenti e presto, ne sono convinto, darà i risultati agognati.  Ovviamente Udoka è un tecnico conosciuto come specialista della difesa ed era lecito che portasse risultati in quella direzione. Sembrano invece non esserci i risultati sperati in attacco.  Orchestrazione però è il termine che identifica il disegno tattico anche del nostro attacco: muovere il pallone, circolazione, drive-and-kick e tiri presi bene senza forzature. Questo, e lo scrivo alla ventunesima partita, ci sta già riuscendo ma i risultati non ce lo dicono. Mi spiego meglio, perchè è curioso come una statistica che pubblicavo recentemente sul forum ci insegna che in partita prendiamo oltre 40 tiri smarcati ma ne convertiamo solo il 40 per cento che è meno di quello che realizziamo con tiri presi non in libertà. Cioè: non siamo capaci di tirare bene quando siamo smarcati. Sembra assurdo, Ma i numeri ci dicono questo: la squadra è capace di andare al tiro molte volte open e wide open ma in quelle situazioni siamo meno precisi di quando prendiamo un tiro marcati… Tatum, Shroeder e Brown sono i principali indiziati. Giocatori votati alla forzatura che devono imparare al più presto a far scorrere il gioco.  
Alla fine ho risposto? Io farei giocare la squadra per come ha in mente di farla giocare Udoka e ancora non abbiamo visto.

R3 Zio:  1-3-1 con Ronfo dietro e Smart in punta: è una follia retrò, lo so, ma sarei desideroso che il giorno in questione capitasse contro Miami e vorrei togliermi un sasso dalla scarpa contro Spoelstra.

D4. Sei il GM dei Celtics per un giorno e devi mercanteggiare il "pacco dello Zio": dove sogneresti di tradarlo, dove realisticamente credi che potresti tradarlo e dove invece non vorresti mai tradarlo, ma ti tocca?

R4 MarcUs: Il sogno numero uno si chiama Jokic. Il sogno numero due si chiama Giannis. Il sogno numero 3 è un pacco di ritorno con dentro Sabonis+Brogdon, in questo caso siamo già nei paraggi del realisticamente realizzabile. La realtà potrebbe essere Ben Simmons. Oppure, vista la crescita di Mobley e Garland, potrebbe essere Love & Sexton dai Cavs. Questo mi piacerebbe di più per i titoli dei giornali: SMART FOR LOVE & SEXton. Quello che non vorrei mai che accadesse è ovviamente Smart in maglia gialloviola. Ce ne venisse in cambio pure un Anthony Davis, vedere Smart con quei colori sarebbe per me una sofferenza insopportabile.
Così come sarebbe per me difficile accettare in cambio del tuo bel pacco un Westbrook o un Harden.

R4 Zio:  Ah beh lo sanno anche i sassi che il mio sogno bagnato è far sfogare il pacco a Denver, ne ho un desiderio a tal punto ardente che nel pacco ci metterei anche Brown, ma ahimè credo che questa evenienza resterà nel mondo umido e meraviglioso dell’eros. Realisticamente mi sembra più facile che il pacco viri in versione minusdotata verso Phila, non sarà amore fraterno, ma ci potremmo ricavare un affare. Dove invece il pacco non deve andare per nessun motivo è in messico…ecco, basta il pensiero e già il pacco s’affloscia…

D5. Scaramanzia. Visto che non sei scaramantico (MarcUs è molto scaramantico n.d.s) fai un bel pronostico per il piazzamento finale dei C’s in RS, per una eventuale corsa PO e dicci chi vincerà il titolo quest’anno?

R5 MarcUs: Ovviamente mi astengo. Il mio livello di scaramanzia è patologico. Lo ammetto. Durante una gara dei Celtics ritengo di incidere sui risultati della squadra a seconda della t-shirt che indosso, della posizione in casa, del dispositivo da cui seguo il match e di un sacco di altre cose. Per cui figurati se mi lancio in pronostici. Comunque, sarei soddisfatto di arrivare alla fine dell’anno con l’idea di un gruppo coeso e di una squadra che gioca a pallacanestro.

R5 Zio: Se non mettiamo mano al mercato per me non facciamo i PO quest’anno:  lo dico chiaro, questo gruppo così com’è non va da nessuna parte. Se ci muoveremo potrebbero cambiare tante cose, ma ad oggi io la vedo così. Per me la finale sarà Miami-Phoenix, vorrei che vincesse Phoenix, ma vincerà Miami.

D6. Colpo di fulmine. C’è un momento in cui inizia la tua passione per i Celtics, quando e come?

R6 Zio: Ah beh questa è facile, le finals del 1984 contro i giallastri col commento di Dan Peterson, praticamente l’inizio della saga appunto coi giallastri e l’inizio del feud tra Larry e Magic. Fenomeni da baraccone contro l’eleganza, la tecnica e la durezza mentale, per me fu la scelta più naturale di sempre, nonostante avessi solo 12 anni.

R6 MarcUs: Il mio colpo di fulmine è nel bel mezzo di una telecronaca di Peterson a metà anni Ottanta, si gioca contro i Sixers, durante la partita il coach dice che Bird è il miglior giocatore di basket di tutti i tempi e soprattutto ripete “CIF…CIF…CIF” con il pubblico del Garden dopo un libero convertito da Robert Parish. Il viso di Robert Parish così spigoloso e duro, il numero 00, e quel “Chief” come fosse un leggendario capo indiano Navajo per me ragazzino cresciuto a leggere Tex Willer furono richiami irresistibili. Da lì in poi è stato un crescendo. Sull’indice della mano destra di Bird sollevato dopo aver sganciato il tiro da tre che gli vale la terza vittoria di fila nella gara dei tre punti dell’All Star Game ero già ad un livello di mania sfrenata. Tipo: quando un idolo diventa un supereroe e pure il tuo miglior amico. Poi, avrei scoperto Bill Russell e con lui, ancor più che il talento straordinario come giocatore, il suo impegno civile e politico, il fatto che fosse stato il primo nero a guidare una squadra professionistica, i Celtics, appunto, e allora la passione divenne FEDE.

D7. Curiosità tattica/emotiva. Raccontaci da una a tre azioni (o fasi di gioco) dei Celtics che sono indelebili nella tua memoria.

R7 Zio: Beh al primo posto c’è la rubata di Bird contro i maledetti Bad Boys, indelebile ricordo di un giovane e brufoloso Zio spettatore notturno, per una volta, non di filmetti sconci, ma di un basket che, rispetto a quello che si vedeva al Palabigi, pareva davvero ultraterreno. Dalla disperazione alla gioia in un secondo. Sfondai la rete del letto saltandoci sopra. Indimenticabile. Come la faccia di mia mamma il mattino dopo. Ci rimisi un mese di paghetta, ma lo ricordo come il più importante momento di esaltazione sportiva della mia vita. Al secondo posto ci metto un gesto che ho capito dopo, ossia il famoso "laccio californiano" di McHale su Kurt Rambis: un gesto riprovevole in sè, ma significativo e che mi piace iconizzare non tanto per la gioia intrinseca che c’è in noi nel gommare un giallastro, quanto per fissare nel tempo come una volta i giocatori fossero disposti a tutto pur di vincere e di come le partite fossero battaglie all’interno di faide e guerre tra gang. Dopo esser cresciuto con quel basket lì i bulletti di oggi non riesco proprio più a prenderli sul serio, sembrano bambini dell’asilo. Da ultimo vorrei citare il lalalalala eheheh goodbye che intonò tutto il Garden in piedi per quasi tre ininterrotti minuti dopo la lussuriosa rullata ai giallastri in gara 6 nel 2008. Giusto per ricordare che i palazzetti ed i tifosi non sono tutti uguali.

R7 MarcUs: La rubata di Rajon Rondo a Jason Williams nella finale est del 2010 (ero dentro il TD Garden). Paul Pierce che rientra in campo nella serie contro i Cleveland Cavaliers nel 2008 e la mette da tre in faccia a LeBron. Kevin McHale che prende al collo Kurt Rambis nelle finali 1984.

D8. Onanismo. Crea la squadra dei tuoi sogni attuale senza limiti di spesa. Quintetto e prime tre riserve. Chi è il coach?

R8 Zio: Paul, Thompson, Brown, Tatum, Jokic: se debbo portare giocatori ai Celtics voglio solo gente che mi è simpatica. In panca Smart, Grant, Adebayo: idem come sopra, con un occhio ai ruoli. Allenatore Brad Stevens: voglio dargli quello che non è riuscito a raggiungere ossia l’anello.

R8 MarcUs: Marcus Smart, Jaylen Brown, Jayson Tatum, Domantas Sabonis, Nikola Jokic

Chris Paul, Klay Thompson, Bam Adebayo

Coach: Greg Popovich

D9. Ri-creazione. Crea la squadra dei tuoi sogni all time. Quintetto e prime tre riserve. Chi è il coach?

R9 Zio: Ainge, Bird, McHale, Garnett, Russell.
In panca Pierce, Lewis, Parish.
Allenatore: RED.
Della serie al cuor non si comanda.

R9 MarcUs: Rajon Rondo (con questo vi spiazzo) quello dei Playoff 2010 era colui che realizzava i miei sogni. Geniale nei passaggi. Formidabile negli anticipi. Il TD Garden intonava per lui soltanto il coro “MVP…MVP…”
John Havlicek  lui e Bill Russell sono i Celtics.
Larry Bird perchè è il più forte di tutti e di tutti i tempi.
Dave Cowens perchè era un duro come non posso farne a meno.
Bill Russell perchè è la pallacanestro e anche l’impegno civile.

Reggie Lewis era la speranza in quella fase complessa di passaggio tra la fine dell’era Bird e quella che doveva essere la squadra di Lewis … un giocatore tra i più efficaci e completi mai visti. Paul Pierce è stato l’idolo della mia maturità, con uno stile tutto suo e una sfacciataggine unica in campo. Kevin McHale dovevo scegliere uno tra lui, Garnett e Parish, scelgo Kevin McHale perchè adoro il gioco dei lunghi in post, ormai estinto, e lui ne è stato IL maestro

Coach: Tom Heinsohn perché Tommy Gun è Celtic fino al midollo e non può mancare!

D10. Ora di religione. “Tatum è dio”… e Bird? e Russell? Nel tuo pantheon pagano quale altro Celtic ha le stimmate del divino?

R10 Zio: Diciamo che per me i Celtics sono un Valhalla su cui regna Odino/Russell ed in cui c’è un Thor/Bird che deve guardarsi dal malefico fratellastro Loki/Magic. Sotto di loro sono tutte divinità minori in cui però spiccano Heimdall/Garnett (l’ultimo gatekeeper a portarci l’anello) o Sindri/McHale (il fratello fabbro di Thor che gli ha fabbricato il Mijolnir) . Tatum è l’ultimo Asgardiano sceso sulla terra.

R10 MarcUs: Premetto che per me Tatum non è dio. Sono sicuramente dio tutti i giocatori che hanno il loro numero ritirato e appeso. Questa mi sembra la minima pratica di beatificazione cui sottoporli. In particolare, tra i numeri che sventolano al soffitto del Garden, il numero 18 per motivi personali mi è molto caro perché è una cifra presente nella data di nascita di tutti e due i miei bimbi.
Curiosamente, il numero 18 nella storia dei Celtics è stato ritirato due volte, con Jim Loscutoff la prima (ma Loscy espresse il desiderio di vedere ancora quel suo numero di maglia in campo per i Celtics) e quindi poi con Dave Cowens definitivamente. Loscutoff e Cowens furono due guerrieri in campo, il secondo anche molto dotato tecnicamente, e rappresentano al meglio l’autentico spirito celtico nella sua forma più fiera e indomabile.
18 x 2 fa 36 che è il numero di Marcus SmartMarcUs guarda caso…

Il mio pantheon è una preghiera da mandare a memoria.
Dennis Johnson -  3
Kevin Garnett –. 5
Bill Russell -  6
JoJo White - 10
Bob Cousy -  14
Tom Heinsohn -  15
Tom "Satch" Sanders -  16
John Havlicek -  17
Dave Cowens -  18
Don Nelson -  19
Bill Sharman -  21
Ed Macauley -  22
Frank Ramsey -  23
Sam Jones -  24
KC Jones -  25
Cedric Maxwell -  31
Kevin McHale - 32
Larry Bird -  33
Paul Pierce -  34
Reggie Lewis -  35
Robert Parish -  00
Jim LoscutoffLOSCY (no.18)

D11. Parliamo d’altro: consiglia agli amici di Celtics.it un libro, un disco, un film ed un vino raccontando le emozioni o le suggestioni che motivano il consiglio

R11 MarcUs: Credo che lettura, musica, cinema e anche un vino, appartengano davvero ad un ambito di preferenza e privilegio del tutto singolari e personali. Il consiglio è sconsigliabile. Sono per come le vivo io, per il coinvolgimento che ne deriva, esperienze intime, per molti versi. Direi la stessa cosa rispetto al consiglio per una meta di un viaggio. Ci sono cose che lavorano nelle viscere e ognuno ha le sue di viscere. Quindi, rispondendo per quelle che sono le mie più radicate preferenze, cederei per così dire all’imbarazzo dell’ostentare la mia sensibilità. Non vorrei apparire altero.
Se volessi rispondere secondo uno schema più “divulgativo” rischierei di passare per altezzoso o peggio di non prendere sul serio la consegna.
Quindi, tra altero e altezzoso, scelgo la strada alternativa e trans-versale (o sincretica) dell’essere alticcio. Sempre.

Un libro: La ragazza dai capelli strani di David Foster Wallace è una raccolta di racconti, una serie di cortometraggi in stili che cambiano di volta in volta assumendo contorni sfumati e prospettive acide. La scrittura è perfettamente allineata al tenore del racconto, vi si adatta plasticamente. Alcune espressioni sono fulminanti. Altre si compongono a mezz’aria e continuano a sorvolare i pensieri per giorni, per settimane, per una vita intera. Dentro questo libro, come in tutti i suoi libri, c’è un universo di folli e di troppo normali, c’è un universo di letterature e di traiettorie che trovo fendenti passando per John Fante e per Osvaldo Soriano, per Julio Cortazar e per Fernando Pessoa, per Jean Genet, Raymond Queneau e David Salinger. Consiglio in particolare l’edizione Einaudi del 1998 con la copertina disegnata da Pericoli.
 
Un disco: Uno solo è durissima. Ho studiato chitarra e suonicchiato da autodidatta la tromba, durante gli anni dell’università lavoravo in un negozio di alta fedeltà con tre sale di ascolto. Ascolto tutto ciò che ha un tessuto musicale attraente, la mia musica è il rock anni 70 e il Jazz, dal bop ai giorni nostri in particolare il free (Charles Mingus, Ornette Coleman e Don Cherry), con molte incursioni nella world music, tra cantautori e chansonnier, passando ripetutamente da David Bowie e Lou Reed, transitando da Roger Waters e i Rage Against the Machine, emozionandomi per Joni Mitchell, fischiettando Neil Young e Cat Power... e saltando e urlando a squaciagola con i miei bimbi al ritmo delle canzoni di REM e The Do. Ho dovuto lavorare di setaccio fine e alla fine il disco che più ampiamente  rappresenta il mio circondario sonoro preferito è probabilmente Passion: Music for The Last Temptation of Christ di Peter Gabriel del 1989. Colonna sonora dell’omonimo film di Martin Scorsese e opera musicale di straordinaria complessità, una somma incalcolabile di suoni e di ritmi che attingono al mediterraneo e al medio oriente, tra elettronica sperimentale e strumenti arcaici, in bilico su un piano primitivo e futurista, tra fiati e percussioni, ne viene un fraseggio entusiasmante, un pullulare di motivi, che sfida il ritmo più tribale e ancestrale mentre che flirta con il post progressive più audace e contaminato fino alla new age. Musica senza tempo. Jon Hassell alla tromba, la voce di Youssou n’Dour e pure di Nusrat Fateh Ali Khan, le percussioni di Billy Cobham ma pure di Doudou Ndiaye Rose e Manu Katche, la chitarra del fidato David Rhodes, i violini di Shankar. l’organo hammond di David Sanciuos della E street band. E ancora e ancora....

https://www.youtube.com/watch?v=Mm3UKHCbHoU

Un film: Con ancora nelle orecchie Passion avrei voluto quasi quasi rispondere Brian di Nazareth del Monty Python.  Ma scelgo The Shining di Stanley Kubrick del 1980, un film che mi insegna qualcosa di nuovo ogni volta che lo guardo ma anche perché è la storia di un tifoso dei Lakers (Jack Nicholson) che a fine  anni 70 perde completamente la testa dopo che Kareem Abdul Jabbar si ruppe la mano sferrando un colpo a Kent Benson e saltando gran parte della stagione 1978-79. A proposito di Jack Nicholson, un altro film candidato ad essere il mio film poteva essere The Dark Knight di Cristopher Nolan del 2008 con una prova eccezionale di Heath Ledger nei panni di Joker, ruolo che Nicholson anni prima aveva reso farsesco e invece Ledger ha reso drammaticamente profondo. Ma normalmente un film non basta a definire il mio coinvolgimento per il cinema che invece si dipana nella ricerca sull’opera omnia di un autore. Per cui, se potessi, consiglierei delle filmografie. Kubrick e Nolan certamente. Ma anche Michael Haneke, Kim Ki Duk, Kristof Kieslowski, i Dardenne, TsaiMing Liang, Takechi Kitano, Andrej Zviagincev, Ken Loach. In generale non ho mai guardato il cinema come distrazione ed evasione ma sempre come presa di coscienza, impegno civile o, perlomeno, artistico, in senso esteso e compiuto.

Un vino: questa è per me una questione irrisolta. Nel senso che non potrà mai esserci un solo vino. Inteso come etichetta. Il vino buono, che è autentico e dialettico si adatta all’umore di chi lo beve e vive con lui quell’esperienza lì. Unica ed estemporanea. Adoro i vini bianchi più naturali ed estremi, materici e arcaici. Mi intrigano i rossi più schietti e flessuosi, scattanti e beverini. Fatico ad immaginare di poter affrontare un menù senza bagnare l’ugola di una bollicina metodo classico o ancestrale. E voglio averne sempre una pronta in frigo, per ogni evenienza.  

Zio: Per quello che riguarda il libro non posso che consigliare Il meglio che possa capitare ad una brioche di Pablo Tusset. Non è il miglior libro della storia della letteratura, ma per me fu una lettura veramente catartica che mi diede l’input definitivo a scrivere lanciandomi in uno dei periodi più rocamboleschi, ma divertenti della mia vita, che meriterebbe di essere raccontato, ma per motivi di spazio non posso farlo qui, magari in una prossima intervista, chissà.
Il disco che mi sento in dovere di consigliare è il Koln Concert di Keith Jarrett: non è solo il disco solo più importante della storia, non è solo il disco di pianismo più importante della storia, non è solo il disco jazz più bello della storia, non è solo il disco più bello della storia della musica, non è solo il disco che ho amato più di tutti, è anche una bellissima storia che a noi Celtici non può non piacere. Anche qui mi fermo per motivi di spazio, ma, se avrete piacere, in separata sede, potremo trovare il modo di raccontarla.
Il film che mi corre l’obbligo di consigliare in realtà sono due ossia Amici Miei ed Amici Miei Atto Secondo (anticipo l’obiezione Amici Miei Atto Terzo non esiste, capito? Non esiste!). Per me si tratta più di un film, più di una meravigliosa raccolta di gag, più di una sensazionale tragicommedia, si tratta di una filosofia, di un approccio alla vita ed alle persone. La goliardia non ha prezzo, solo un sorriso beffardo ci può davvero salvare dalla paura della morte. E’ una grande lezione che cerco sempre di portare con me.
Per quello che riguarda il vino dovrei mettermi qui e scrivere il panegirico sulla vita e le opere Anselme Solosse ossia l’uomo che ha rivoluzionato lo Champagne e la Champagne, ma esiste già una più che ampia letteratura a riguardo per cui mi limito ad aggiungere il ringraziamento a quest’uomo per gli straordinari momenti d’ebbrezza che mi ha regalato e che certamente ancora mi regalerà in futuro. Mi sento però di segnalarvi il mio ultimo amorazzo enologico: provate assolutamente l’Enogeologia degli Champagne della Maison Legrand-Latour, lanciatevi nella complicata ricerca di queste perle enologiche e mi ringrazierete, sono champagne unici che prendono spunto da una locazione unica.   

D12. CulinAria. Ogni tanto scrivi fin sul forum della tua passione per la tavola, puoi creare un menù dall’antipasto al dolce con i tuoi piatti preferiti?

R12 Zio: Se parliamo di preferiti senza testa e tutto di cuore allora mettiamola così:
-antipasto: c’è un posto qui vicino a me dove producono dei salumi unici, tutti ricavati dalla macellazione di maiali pesanti allevati sulla nostra montagna e stagionati molto lungamente nella bassa. La dolcezza del grasso, la sapida succulenza della polpa col pungente contrappunto olfattivo della ghianda e della castagna. Poesia in budello.
-primo: sono un fanatico dei risotti e potrei citarne di altissimi e pluristellati e pluricelebrati, così come ho avuto il piacere di farmi cullare dalle confortanti e burrose versioni domestiche di tante artiste casalinghe, ma non so sceglierne uno per forza, amo troppo questo piatto per cui …si, il risotto… il migliore sarà sempre…il prossimo.
-secondo: dopo salumi e risotto voglio chiudere alla grande e voglio volare –letteralmente- e come secondo ideale voglio augurarmi che ci sia un bel pennuto pronto finire sotto le mie fauci: piccione, germano, oca, anatra, faraona, quaglia, pernice e chi più ne ha più ne metta (in salmì)!
 -dessert: qua debbo confessare il mio disinteresse per la categoria, quasi l’avversione mi verrebbe da dire, tanto poco mi intriga il mondo del “dolce”: un pezzo di torta o un paio di biscotti al mattino ed il panettone a Natale, questa è la mia frequentazione con questo mondo per cui non mi ritengo di dare dei gran consigli o pareri. Solo un piatto vorrei riprovare “la patata che voleva essere un tartufo” di Massimo Bottura, ma ormai l’ha tolto dal menù da anni, mi accontento del ricordo e della suggestione che forse anche per i dessert c’è speranza

R12 MarcUs: Antipasto in puro stile conviviale emiliano. Con calici gonfi di Lambrusco di Sorbara Ancestrale o metodo Classico come li fa  Cantina della Volta.
Tigelle roventi con pesto di lardo e parmigiano reggiano.
Quindi Gnocco fritto con il salame di Labadini, il “Culatello” di nera dell’Antica Corte Pallavicina, il Prosciutto crudo di Parma 30 mesi di Ruliano, la Mortadella di Palmieri.

Trovo poi irresistibile la consistenza della Lingua di vitello bollita accompagnata da salsa verde (e qui la tonalità la dice lunga…)
Il vino mosso di prima sarebbe ancora indispensabile accompagnamento.

Poi, mi piace la pasta. Quella buona. Non quella dei supermercati.
Tutti dovrebbero almeno una volta al mese concedersi un piatto di spaghetti buoni (potrebbero essere gli spaghettoni di Benedetto Cavalieri, o quelli alla chitarra del Pastificio Masciarelli, oppure quelli di Mancini, o ancora quelli di Gragnano del Pastificio dei Campi) con burro d’alpeggio (tipo quello che a Branzi, sulle alpi orobiche, produce Alfio Cattaneo), una puntina di peperoncino calabrese  e colatura di alici di Cetara. In un accordo gustativo che mette assieme tutta l’Italia da Nord a sud.
Potrebbe essere utile un bianco come un Fiano di Avellino (Pietracupa), una Ribolla Gialla del Collio (Damjan Podversic), un Grechetto (Raina), o  un Verdicchio dei Castelli di Jesi  (La Distesa)

Una preparazione che adoro preparare e consumare è quella del Polpo alla Luciana,  in cui il polpo fondamentalmente cuoce in una pentola chiusa nella sua stessa acqua, appena ravvivato con pomodoro e odori mediterranei. Ne viene un intingolo gustosissimo, concentrato, complesso, con cui si può provare ad avvicinare già un rosso.
Un Piedirosso dei Campi Flegrei (in particolare quello di Agnanum) farebbe al caso nostro.

Un’insalatina di foglie croccanti sarebbe a questo punto un felicissimo intermezzo, soprattutto se condita di un meraviglioso olio extravergine di oliva e di un aceto giusto (quello di uva di Josko Sirk della Subida, ad esempio) . Il vino mal si abbina a vegetali e dressing acidi. Ci berrei un sorso di sake, anche fresco.

Poi sulla brace di carboni ardenti ci metterei i Turcinieddhi (o gnummarieddi) che sono un piatto tipicamente del sud della Puglia e del Salento, in particolare, a base di interiora di agnello (fegato, polmoni, milza, reni)  avvolte nel budello. C’è dentro il sapore delle mie estati al mare e un gusto deciso, intenso, che si sposa a meraviglia con rossi caldi e generosi come quelli del sud, ma non solo. Potrebbe essere anche solo per affinità territoriale un Primitivo di Manduria (Attanasio o Gianfranco Fino) o di Gioia del Colle (Polvanera). Oppure, allontanandosi dalla Puglia, altri vini scuri e corposi, ricchi di polpa come un Dolcetto di Dogliani (Pecchenino o Cascina Corte) o un Lagrein dell’Alto Adige (Josephus Mayr, Nusserhof o Loacker)

Il mio dessert preferito è il formaggio. Di ogni genere e stagionatura. Il vino (ma anche molte birre) vi si accorda magnificamente e il piacere della convivialità prosegue disincantato e dialettico.
Ho una predilezione per i vini ossidativi. Stando in Italia, Vernaccia di Oristano o Malvasia di Bosa o Marsala secco.  Oppure fuori dall’Italia, Sherry, Madeira, Vin Jaune della Jura… Oppure per le birre trappiste ad alta fermentazione.

La definitiva fine del pasto potrebbe essere quindi segnata da un gelato artigianale.
Un infuso caldo.
Una grappa come si deve.

BONUS Domanda della guest star Luca Gioia Celtics: fermo o bollicine e perché?

BONUS Zio: Bollicina. Non avrai altro dio all’infuori di me. Questo stava scritto sulle tavole della legge, poi quei quattro loschi ed autoreferenziali scrittorucoli dell’ epoca hanno tramandato una inconcepibile versione apocrifa… Perché? Non c’è neanche bisogno di dirlo il perché:  il vino senza bollicine è come una bella donna col culo piatto…

BONUS MarcUs: Fermo per riflettere, mosso per distrarsi. Decisamente entrambi. Sul bere non accetto manicheismi.

Intervista doppia Zio Trifoglio/MarcUs  di Zio Trifoglio e MarcUs   |   Pubblicato il 07/12/2021
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